Francesco d'Assisi: Introduzione di Vito Mancuso (Italian Edition) by Balducci Padre Ernesto

Francesco d'Assisi: Introduzione di Vito Mancuso (Italian Edition) by Balducci Padre Ernesto

autore:Balducci, Padre Ernesto [Balducci, Padre Ernesto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2015-01-04T23:00:00+00:00


“ERAVAMO TUTTI ‘IDIOTI’”

Sullo sfondo di questo grandioso e drammatico processo, in cui sarebbe possibile inserire anche l’evangelizzazione a mano armata degli indios di oltre Atlantico, acquista una straordinaria pregnanza profetica il passo del Testamento in cui Francesco, ormai alle soglie della morte, ricorda le origini della sua fraternità: Eramus omnes idiotae et subditi omnibus, “eravamo tutti – chierici o laici che fossimo – ignoranti e sottomessi a tutti”. Ma la parola idiota mal si traduce “ignorante”. Nel Medioevo, l’idiota era l’uomo privo di cultura, specie teologica, e proprio per questo spregevole, come fa intendere un giudizio di San Bernardo sugli eretici, qualificati come idiotae et prorsus contemnibiles: “ignoranti e del tutto spregevoli”, con una trasparente reciprocità fra i due attributi. Ebbene, nella fraternità delle origini anche i chierici si facevano idiotae, perché anche loro come tutti i minori lavoravano con le proprie mani ed erano “sottomessi a tutti”. Nella forma vitae degli esordi francescani è ben visibile il nesso che stringe in un medesimo rifiuto il denaro, il sapere, l’esenzione dal lavoro manuale.

Non c’erano ancora, in quel secolo che per certi versi è come la culla dell’età moderna, le classi sociali vere e proprie, né quella complessa divisione del lavoro che darà volto alla civiltà borghese. La divisione in ceti sociali non rifletteva ancora i meccanismi del sistema produttivo. La ‘scienza’ aveva come suo oggetto le verità teologiche e quelle – più empiriche e più connesse ai conflitti di potere – di carattere giuridico, ed era appannaggio quasi esclusivo del clero: nelle Scholae di Parigi non potevano insegnare se non i chierici. Il possesso della scienza era già una forma di partecipazione al potere, sia politico che economico, e come tale era un contrassegno dei maiores, di coloro che contano nella società. Parigi e Bologna erano le due centrali della scienza – rispettivamente di quella teologica e di quella giuridica – che i sovrani e i pontefici colmano di privilegi per garantirsi il loro appoggio, più utile di quello degli eserciti.

Il simbolo e lo strumento di questa forma di potere è il libro, segno di ricchezza perché costosissimo e, proprio per questo, segno di uno stato sociale. Scegliere la vita dei Minori voleva dire, dunque, rompere tutti i rapporti col denaro, con l’esercizio del potere e con le pratiche della ricerca teologica e giuridica.

Su quest’ultimo punto le posizioni di Francesco sono meno univoche, più perplesse, anche perché i chierici entrati a far parte della fraternità dovevano possedere un breviario, così come tutti i fratelli impegnati nella predicazione dovevano leggere e meditare la Scrittura e dunque avere a disposizione i libri sacri. E via via entrarono nell’Ordine molti letterati, giuristi e teologi (il più illustre fu Antonio, un canonico di Lisbona, destinato a diventare Antonio da Padova) che, per quanto soggetti alla pratica della povertà e della sottomissione a tutti, dovevano, secondo la volontà esplicita di Francesco, restare fedeli agli impegni del loro stato di provenienza. Difficile immaginare come fosse possibile questa fedeltà, visto che Francesco non volle mai che si creassero per i frati case di studio o biblioteche.



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